Skip to main content

Trouble in Tahiti

LEONARD BERNSTEIN

28,29,30 gennaio 2022
4, 5, 6 febbraio 2022
Direttore d’Orchestra: Alessandro Cadario
Regia: Luca Micheletti
Scene e costumi: Leila Fteita
Assistente alla regia: Francesco Martucci
Luci: Luciano Novelli
Orchestra del Teatro Carlo Felice

Personaggi e interpreti

Sam: Luca Micheletti
Dinah: Elisa Balbo
Trio Jazz
Soprano: Melania Maggiore
Tenore: Manuel Pierattelli
Baritono: Andrea Porta

Nuovo Allestimento del Teatro Carlo Felice

Trouble in Tahiti si inserisce all’interno di un dittico insieme all’intermezzo buffo settecentesco La serva padrona .
«Si tratta di un bel gioco di specchi, spiega Luca Micheletti, sia per la natura “giocosa” delle opere sia perché in questo spettacolo che affianca due coppie lontane nel tempo ma vicine nello spirito abbiamo per protagonista una terza coppia che si presta a rappresentarle entrambe. Essere in scena con mia moglie – e aver ideato il progetto insieme a lei in tempo di lockdown – è sicuramente un valore aggiunto di questa operazione che finalmente incontra il pubblico dal vivo. L’idea alla base della mia regia è quella di assistere ad un viaggio nel tempo. E la macchina che lo consente è il teatro stesso.
Dopo le schermaglie con apparente lieto fine nella Serva padrona, i due protagonisti si ritrovano nell’America di due secoli dopo, nel pieno di un’ennesima crisi di coppia. Una vicenda che Bernstein racconta da par suo, ispirandosi alla sua storia familiare. In Trouble in Tahiti, anche se Bernstein allude al genere dell’intermezzo, ne fa una citazione ironica e di fatto se ne distacca, soprattutto per il doppio fondo amaro che ci mette. Niente di troppo serio, diciamo uno spolvero di malinconia. Due capolavori che messi al fianco l’uno dell’altro brillano di una luce inedita: tante le somiglianze, ma anche le preziose differenze, che in questo allestimento vengono valorizzate dalla continua metamorfosi degli spazi, ma anche attraverso l’affiancamento di due diverse modalità di fruire del fatto musicale».

Recensioni

“…Elisa Balbo in quello di Vespina e Dinah, sono perfettamente a loro agio sia sotto il profilo vocale che scenico. Nessuna forzatura nella loro interpretazione, che invece comunica quella naturalezza che nasce anche dalla profonda intesa umana, oltre che artistica. Naturalezza con la quale peraltro passano da un ruolo all’altro, toccando di fatto i due estremi della storia del teatro musicale maggiormente frequentato, nel segno di una versatilità vocale e stilistica ammirevole.”

Connessi all’Opera

“…morbida anche la linea vocale della Balbo, ottimo gusto, voce ben gestita, il tutto al servizio di un personaggio molto convincente, sia esso la velenosa Serpina o l’infelice Dinah, alle prese con le proprie frustrazioni.”

Opera Click

“…Elisa Balbo, elegantissima nel suo costume borghese che tuttavia richiama l’arlecchino della prima parte dello spettacolo. Anche il soprano passa con facilità ad uno stile canoro tanto differente e si destreggia egregiamente nelle arie previste: una nostalgica e onirica e l’altra ironica e quasi da cabaret. Bene anche il lato interpretativo: crea una Dinah composta, algida, titubante e smarrita nella sua desolata quotidianità.”

Opera Libera

“…ne è risultato uno degli spettacoli più brillanti che si siano visti al Carlo Felice negli ultimi anni, grazie all’alta qualità di ideazione e realizzazione, alla vivacità dell’evento teatrale e alla perfetta integrazione di tutti i fattori in gioco… la Balbo ha saputo trasmetterci tutti i languori e le malinconie di Dinah, e se i recitativi dell’opera di Pergolesi rivelavano nella sua vocalità qualche sfumatura asprigna, queste risultavano utilissime per le scaramucce domestiche («Make it yourself») e per i passaggi più grotteschi della scena in cui la donna racconta del film del titolo («What a movie!»); in una situazione peraltro differente da quella prevista dal libretto (qui compare seduta sulla lavatrice), che ne accentuava ancor più la disperata solitudine.”

Rivista Musica

“L’intuizione è stata grande e la sua realizzazione ha generato un prodotto operistico globale, che potrebbe andare al Metropolitan di New York ma anche a Radio City, all’opera di Parigi come al Sydney Opera House. Insomma, centro perfetto…
Elisa Balbo. Stupenda.
Grande appropriatezza delle voci, che sono state ben calibrate nei cambi di timbro tra 1700 e 1900, e perfetta intesa recitativa, anche nei perfezionamenti dei personaggi circostanti.”
Trucioli

“La giovane cantante sorprende comunque per la grazia sicura e il controllo costante nella sincronia con l’espressione mimica (anche nei recitativi e negli scambi con il servo muto) da attrice matura, conscia del margine stretto per un gioco a rischio di istrionismo.”

Drammaturgia